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LE SOCIETA ESTERE : IL FENOMENO DELLA ESTEROVESTIZIONE

a cura del Dott. Miele Carlo

La residenza fiscale delle società’ all’estero ed il c.d. Fenomeno della estero-vestizione e’ un tema di estrema attualità’ che sta’ assumendo una notevole importanza in campo tributario.

La globalizzazione dei mercati, le opportunità’ in tema di produzione ed imposizione fiscale, impongono alle aziende italiane di spostare i loro interessi all’estero; esse tuttavia, vengono a trovarsi a volte implicate in situazioni di accertamento fiscale basate su presunzioni legali in cui l’onere della prova dell’effettiva residenza estera deve essere provato dalla stessa azienda.

Si comprende bene la difficoltà’ in cui vengono a trovarsi le aziende nel provare cio’, sopratutto perché’ tale onere probatorio deve essere fornito dopo l’accertamento. Infatti gli organi verificatori, nel caso si verificano i presupposti per imputare il reddito della societa estera in Italia ( società controllare o controllanti società italiane o amministrate da soggetti italiani) , procedono per presunzione legale a redazione di processi verbali di constatazione, recuperando a tassazione ai fini Ires, Irap ed Iva notevoli importi.

Tali accertamenti comportano conseguenze rilevanti sui soggetti coinvolti sia dal punto di vista civile che penale.

E’ percio’ importante che le aziende italiane e per esse i soci sappiano organizzare e gestire nel migliore dei modi tale internazionalizzazione tenendo presente che il Fisco ha tra le sue armi un formidabile strumento che e’ l’art.73 comma 5bis del TUIR , che gli permette di accertare redditi in Italia in maniera veloce.

In effetti i modelli a cui gli Stati possono astrattamente ispirarsi sono il principio della fonte ( source principle) ed il principio della residenza ( worldwide principle)

Il principio della fonte colpisce i redditi o i beni posseduti da residenti o non residenti a condizione che siano esistenti all’interno dello Stato; quello della residenza invece , ferma restando per i non residenti l’imposizione dei soli redditi o beni posseduti entro i confini nazionali, assoggetterà’ a tassazione i residenti con riferimento al reddito mondiale o ai beni ovunque posseduti.

In Italia, paese esportatore di capitali si tende a privilegiare il secondo metodo, valorizzando il rapporto tra soggetto e territorio, e tendendo quindi a forme d’imposizione che colpiscono la capacita’ globale della societa’ o dell’ente, ovunque di manifesti.

Le difficoltà nascono quando s’inverte l’onere della prova sul contribuente come fa l’art.73 comma 5 bis, prima citato, che impone una profonda revisione della struttura societaria al fine di verificarne la rispondenza ai requisiti di legge. A cio si aggiunge che l’art.73 comma 3 del TUIR prevedendo assoluta parita’ tra i criteri di determinazione della residenza fiscale in Italia individuandoli in: sede legale, sede dell’amministrazione, oggetto sociale., puo’ creare qualche incongruenza applicativa nel caso si verifichino fenomeni di dual residence tra due Stati privi di convenzione contro le doppie imposizioni.

Infine e’ proprio su quest’ultimi due criteri ( sede dell’amministrazione ed oggetto sociale) che si concentrano i maggiori dibattiti giurisprudenziali e dottrinali al fine di stabilire la residenza fiscale delle societa’; su di essi deve concentrasi l’attenzione per evitare dannosi accertamenti fiscali.

Per maggiori informazioni su internazionalizzazione e fiscalita’ info: Dott. Miele Carlo, fiscal expert for international tax planning- mail : dott.miele carlo@gmail.com

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